05 dicembre, 2008

ARIONE E IL DELFINO


Dicono che questo Arione, che trascorreva la maggior parte del su tempo alla corte (presso) Periandro, ebbe il desiderio di navigare alla volta dell’Italia e della Sicilia, e dopo aver guadagnato molte ricchezze, volle far ritorno a Corinto (dove risiedeva Periandro). Salpò allora da Taranto, e, dato che non si fidava di nessuno più che dei corinzi, prese a nolo una nave con equipaggio corinzio (di uomini corinzi). Ma questi, una volta in mare aperto, progettarono, dopo aver buttato Arione fuori (dalla nave) di impossessarsi delle sue ricchezze; ed egli, avendo compreso ciò, li pregava, offrendo a loro le ricchezze, e chiedendo per sé (di aver salva) la vita. Dunque, non riusciva a persuaderli, ma anzi i marinai gli ingiungevano o di uccidersi da solo, affinché potesse ottenere la sepoltura in terra ferma, o di buttarsi in mare al più presto. Allora Arione, messo alle strette, li pregò che, dal momento che a loro sembrava così (cioè, dal momento che avevano deciso così), gli concedessero di cantare con tutto il suo costume di scena stando in piedi fra i banchi dei rematori; e dopo aver cantato, promise che si sarebbe ucciso. E in quelli si insinuò il piacere che (ei) stavano per ascoltare il cantore migliore fra gli uomini, si allontanarono dalla prua verso il centro della nave.

23 novembre, 2008

COMPITO DI LATINO DEL 22 NOVEMBRE

Circa nello stesso periodo, anche se l’estate era ormai quasi trascorsa, tuttavia, poiché, pacificata tutta la Gallia, non rimanevano che Morini e Menapii ad essere in guerra e a non aver inviato legati per trattare la pace, ritenendo che questa guerra potesse essere conclusa in breve tempo, portò là l’esercito; ma questi cominciarono a condurre la guerra con un criterio di gran lunga diverso rispetto agli altri Galli. Infatti, poiché si rendevano conto che le popolazioni più importanti che si erano scontrate (con i Romani) erano state respinte e sconfitte, e occupavano estese foreste e paludi, lì si portarono con tutti i loro beni. Cesare, arrivato al limitare di queste foreste e avendo iniziato a fortificare l’accampamento e non essendosi il nemico fatto vedere, mentre i nostri (soldati) erano sparsi qua e là intenti al loro lavoro, (i Galli) improvvisamente sbucarono (rapidissimi) da ogni parte del bosco e attaccarono i nostri. I nostri presero immediatamente le armi e li ricacciarono nei boschi e, uccisine molti, dopo averli inseguiti per un tratto piuttosto lungo in luoghi alquanto scoscesi, persero pochi dei loro (cioè, dei nostri…insomma, vinsero subendo poche perdite)

08 novembre, 2008

IL SEPOLCRO DI CIRO A PASARGADE


QUI POTETE TROVARE ALTRE IMMAGINI DEL SEPOLCRO DI CIRO IL GRANDE...COME VEDETE, ESISTE DAVVERO!!!!

COMPITO GRECO 8 NOVEMBRE

Addolorò Alessandro la profanazione nei confronti della tomba di Ciro figlio di Cambise, poiché la trovò danneggiata e depredata. Dice Aristobulo che a Pasargade, nel giardino reale, c’era il sepolcro di quel famoso Ciro, e intorno ad esso era stato piantato un bosco di alberi di ogni tipo, ed era percorso da rivoli d’acqua e folta erba era cresciuta nel prato; e che la tomba vera e propria era stata fatta di pietra squadrata in forma quadrangolare; in alto c’era una stanza di pietra coperta, che aveva una stretta porta che conduceva all’interno. Nella stanza c’era un sarcofago d’oro dove il cadavere di Ciro era stato seppellito e accanto al sarcofago, un letto. All’interno del recinto, accanto alla scala che portava al sepolcro, c’era un piccolo locale costruito per i Magi che proteggevano la tomba di Ciro. Il sepolcro era stato coperto di iscrizioni in caratteri persiani e in lingua persiana diceva queste cose: “O uomo, io sono Ciro figlio di Cambise, che fondò per i Persiani l’impero e che regnò sull’Asia. Non guardare con occhio malevolo al mio monumento”

07 novembre, 2008

VERSIONE 144

Gli uomini vogliono la libertà senza sapere cosa sia
Gli uomini desiderano di essere liberi più di ogni altra cosa (πάντων è evidentemente neutro), e sostengono che la libertà sia il più grande dei beni, e che, al contrario, la schiavitù sia cosa in massimo grado disonorevole e colma di sventura, mentre proprio questo, che cosa significhi (ἑστὶ) essere liberi o che cosa significhi l’essere schiavi, (questo) non lo sanno. E quindi non fanno nulla, per così dire, per fuggire lontano da ciò che è vergognoso e duro da sopportare, cioè la schiavitù, e di conquistare ciò che appare loro degno in massimo grado di pregio, la libertà, ma, al contrario, fanno cose in conseguenza delle quali è inevitabile che quelli che si comportano così passino la vita in condizione di schiavitù per tutto il tempo e non ottengano mai la libertà. Per altro, non è giusto forse meravigliarsi di questi, per il fatto che non riescono né a conquistare (αἰρέω) né a salvaguardare ciò che si trovano ad ignorare. Se dunque fossero nella condizione di ignorare (periodo ipotetico di quarto tipo, cioè dell’irrealtà) pecora e lupo, che cosa sia ciascuna di queste due cose (duale), e tuttavia ritenessero l’una vantaggiosa e utile da acquisire, l’altra dannosa e inutile, non ci sarebbe da meravigliarsi se temessero la pecora e la fuggissero talora come se fosse un lupo, e però si accostassero al lupo e lo fronteggiassero, ritenendolo una pecora

23 ottobre, 2008

compito del 23 ottobre

UNA TEMPESTA

Raccontano che un tempo una nave, sulla quale navigavano alcuni uomini empi, fu colta da una furiosa tempesta. Avendo cominciato all’improvviso e in modo straordinario a tuonare e a lampeggiare, e poiché si levavano onde di straordinaria altezza (abl. di qualità), e la nave stava ormai quasi affondando, a tutti sembrava di essere in procinto di morire; la morte era di certo imminente. Allora molti si pentirono di aver intrapreso quel viaggio per mare: e come di solito accade nelle situazioni disperate, moltissimi rivolgevano preghiere agli dèi; persino gli empi, sollevate le mani al cielo, gridavano: “Aiutateci, o dèi! Ora abbiate compassione di noi!”. Altri invece dicevano: “Agli empi non si addice invocare gli dèi; è meglio piuttosto gettare in mare costoro: infatti gli dèi non avranno compassione di noi, se non li allontaneremo da noi”. Dopo essere restati svegli per tutta la notte, infine, dopoché il giorno era appena spuntato, si aprì uno spiraglio di sereno, e fu lecito ai naviganti sperare nella salvezza.

22 ottobre, 2008

BENVENUTO!

BENVENUTO A TE,
ospite gradito che passi di qua per caso

BENVENUTO A TE
che cerchi un aiutino a quest'ora della sera

BENVENUTO A TE
studente liceale che, forse, ha trovato un posto dove trovare soccorso e ascolto (forse, ho detto: non esageriamo)

BENVENUTO nel blog di magistra: ogni commento/suggerimento è ben accetto!

versione I A n. 242

Come per natura stimiamo che gli dei esistano e ci rendiamo conto grazie alla ragione di quali essi siano, così pensiamo, sulla base dell’opinione concorde di tutti i popoli, che le anime sopravvivano, (ma) bisogna imparare con la ragione in quale sede dimorino e quale sia la loro natura. Infatti, dal momento che i corpi cadevano in terra ed essendo questi ricoperti dal terreno (abl. ass. con valore causale/strumentale), da cui è derivato il verbo humari, pensavano che sotto terra trascorresse la restante vita dei morti; fecero seguito a questa loro opinione gravi errori, che (attenzione: il pronome relativo si riferisce a errores) i poeti accrebbero. Infatti la grande massa di spettatori del teatro, nel quale si trovano anche donne di umile condizione e bambini, si commuove ascoltando un testo così solenne: “sono qui presente e vengo ora dall’Acheronte per una via e aspra per antri costituiti da massi impervi a strapiombo, altissimi, dove incombe gelida l’impenetrabile oscurità degli inferi (inferum è gen. plur.)” e l’errore ebbe una forza così grande che, pur sapendo che i corpi erano stati cremati, immaginavano tuttavia che ci fossero negli inferi quelle cose che senza i corpi non possono esserci né essere comprese. Infatti non potevano concepire con la mente anime viventi in sé e per sé, e quindi avevano bisogno di una qualche forma e figura.

19 giugno, 2008

VERSIONE MATURITA' 2008

Che vuoi?? Che sei venuto a fare qui??? Non ti bastano le traduzioni che girano in rete?

http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/dossier/Italia/2008/maturita2008/giorno-per-giorno/traduzioni-libere-greco.shtml?uuid=b73e9af2-3ddd-11dd-862f-00000e251029&DocRulesView=Libero


http://maturita.studenti.it/forum/maturita/message.php?mess=12712&inth=0


http://milano.blogosfere.it/2008/06/versione-di-greco-per-la-maturita-esce-luciano-ecco-la-versione-e-la-traduzione.html



o forse sei tanto sveglio da aver capito che il 90% delle versioni è frutto di copia-incolla selvaggio?? La prova: la punteggiatura che seguono è diversa rispetto a quella proposta dal testo ministeriale.
Ecco, quindi, la versione di magistra, rigorosamente home-made: come la torta di mele della nonna…

Così dunque deve essere, a parer mio, lo storico. Sia scevro da timori, imparziale, libero, amante della parola sincera e della libertà, deciso, come dice il comico, a chiamare “fichi” i fichi e “tinozza” la tinozza, senza concedere nulla all’avversione né al trasporto personali, senza risparmiare nessuno o avere pietà o mostrare reticenze o miopia, giudice equo, ben disposto verso tutti ma solo fino al punto da non attribuire all’uno o all’altro più del dovuto, straniero, nei suoi libri, senza patria, indipendente, senza un sovrano, uno che non calcola che cosa potrà sembrare a questo, ma che dice ciò che è realmente avvenuto.

ho variato lievemente la traduzione dei participi, ma se avete tradotto più letteralmente va benissimo lo stesso;
se scaphe sia tinozza o barca poco importa, in questo caso (il luogo è aristofaneo);
nemo è usato con meros sottinteso (in forma diversa lo riportano sia Rocci che Montanari: vuol dire “dare spazio a…”);
il misterioso tode secondo me si riferisce al basileus implicito in abasileutos. Molti traducono a senso, e invece interpretando così il testo ci guadagna in chiarezza.

Dunque Tucidide in modo davvero egregio stabilì questa regola e distinse, nella storiografia, la correttezza (metodologica) dalla inettitudine, osservando che Erodoto era tenuto nella massima considerazione, fino al punto che i suoi libri furono chiamati con il nome delle Muse. Dice infatti di comporre un’opera per sempre più che destinata ad essere oggetto di declamazione, e di non amare il favoloso, ma di voler lasciare ai posteri la verità dei fatti accaduti. E introduce l’idea di utile e quello che una persona assennata potrebbe supporre essere lo scopo della storia, che, cioè, se si ripresentassero di nuovo fatti analoghi, (gli uomini) potrebbero, volgendo lo sguardo a ciò che è stato scritto in passato, mettere a frutto la situazione presente.

Indubbiamente la seconda parte del testo presenta più numerosi e difficili questioni interpretative:
naturalmente oron regge il part. compl. thaumazomenon;
le Muse sono, in realtà, i nomi con i quali vennero indicati i libri di Erodoto. Luciano attribuisce a Tucidide una conoscenza che non poteva avere: l’opera di Erodoto (e dello stesso Tucidide) fu divisa in libri solo in età ellenistica;
ho dato ad agonisma la stessa valenza che ha in Tuc.: la citazione è (quasi) letterale;
manca il to davanti a mythodes;
i complementi oggetto di epagei sono sia chresimon che tutta la relativa, la quale (o, per meglio dire, il termine telos), è prolettica dell’os della penultima riga;
nella relativa telos è pred. dell’oggetto, dipendente da un potenziale del presente;
os regge echoien: siamo in presenza di un periodo ipotetico della possibilità dipendente. Catalaboi ha omoia come sogg. I vocabolari danno a questo verbo anche un valore impersonale, ma qui il soggetto c’è;
echoien regge l’inf. chresthai che a sua volta è completato da tois. Qui sorge un altro problema: o è retto da chresthai (sfruttare adeguatamente la situazione presente) o è dativo finale (e allora il compl. di chresthai deve essere sottinteso): “applicare (la lezione della storia, servirsene) ai fini della situazione presente”.


AHI AHI, MONTALE E I SUOI AMICHETTI!!

Chi di Montale ferisce, di Montale perisce…

http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/dossier/Italia/2008/maturita2008/giorno-per-giorno/sostituita-responsabile-tracce-temi.shtml?uuid=83000140-3dec-11dd-862f-00000e251029&DocRulesView=Libero