perasperadastra
sito dedicato a tutto ciò che non si riesce a dire in classe...
05 dicembre, 2008
Dicono che questo Arione, che trascorreva la maggior parte del su tempo alla corte (presso) Periandro, ebbe il desiderio di navigare alla volta dell’Italia e della Sicilia, e dopo aver guadagnato molte ricchezze, volle far ritorno a Corinto (dove risiedeva Periandro). Salpò allora da Taranto, e, dato che non si fidava di nessuno più che dei corinzi, prese a nolo una nave con equipaggio corinzio (di uomini corinzi). Ma questi, una volta in mare aperto, progettarono, dopo aver buttato Arione fuori (dalla nave) di impossessarsi delle sue ricchezze; ed egli, avendo compreso ciò, li pregava, offrendo a loro le ricchezze, e chiedendo per sé (di aver salva) la vita. Dunque, non riusciva a persuaderli, ma anzi i marinai gli ingiungevano o di uccidersi da solo, affinché potesse ottenere la sepoltura in terra ferma, o di buttarsi in mare al più presto. Allora Arione, messo alle strette, li pregò che, dal momento che a loro sembrava così (cioè, dal momento che avevano deciso così), gli concedessero di cantare con tutto il suo costume di scena stando in piedi fra i banchi dei rematori; e dopo aver cantato, promise che si sarebbe ucciso. E in quelli si insinuò il piacere che (ei) stavano per ascoltare il cantore migliore fra gli uomini, si allontanarono dalla prua verso il centro della nave.
23 novembre, 2008
COMPITO DI LATINO DEL 22 NOVEMBRE
08 novembre, 2008
COMPITO GRECO 8 NOVEMBRE
07 novembre, 2008
VERSIONE 144
Gli uomini desiderano di essere liberi più di ogni altra cosa (πάντων è evidentemente neutro), e sostengono che la libertà sia il più grande dei beni, e che, al contrario, la schiavitù sia cosa in massimo grado disonorevole e colma di sventura, mentre proprio questo, che cosa significhi (ἑστὶ) essere liberi o che cosa significhi l’essere schiavi, (questo) non lo sanno. E quindi non fanno nulla, per così dire, per fuggire lontano da ciò che è vergognoso e duro da sopportare, cioè la schiavitù, e di conquistare ciò che appare loro degno in massimo grado di pregio, la libertà, ma, al contrario, fanno cose in conseguenza delle quali è inevitabile che quelli che si comportano così passino la vita in condizione di schiavitù per tutto il tempo e non ottengano mai la libertà. Per altro, non è giusto forse meravigliarsi di questi, per il fatto che non riescono né a conquistare (αἰρέω) né a salvaguardare ciò che si trovano ad ignorare. Se dunque fossero nella condizione di ignorare (periodo ipotetico di quarto tipo, cioè dell’irrealtà) pecora e lupo, che cosa sia ciascuna di queste due cose (duale), e tuttavia ritenessero l’una vantaggiosa e utile da acquisire, l’altra dannosa e inutile, non ci sarebbe da meravigliarsi se temessero la pecora e la fuggissero talora come se fosse un lupo, e però si accostassero al lupo e lo fronteggiassero, ritenendolo una pecora
23 ottobre, 2008
compito del 23 ottobre
Raccontano che un tempo una nave, sulla quale navigavano alcuni uomini empi, fu colta da una furiosa tempesta. Avendo cominciato all’improvviso e in modo straordinario a tuonare e a lampeggiare, e poiché si levavano onde di straordinaria altezza (abl. di qualità), e la nave stava ormai quasi affondando, a tutti sembrava di essere in procinto di morire; la morte era di certo imminente. Allora molti si pentirono di aver intrapreso quel viaggio per mare: e come di solito accade nelle situazioni disperate, moltissimi rivolgevano preghiere agli dèi; persino gli empi, sollevate le mani al cielo, gridavano: “Aiutateci, o dèi! Ora abbiate compassione di noi!”. Altri invece dicevano: “Agli empi non si addice invocare gli dèi; è meglio piuttosto gettare in mare costoro: infatti gli dèi non avranno compassione di noi, se non li allontaneremo da noi”. Dopo essere restati svegli per tutta la notte, infine, dopoché il giorno era appena spuntato, si aprì uno spiraglio di sereno, e fu lecito ai naviganti sperare nella salvezza.
22 ottobre, 2008
BENVENUTO!
ospite gradito che passi di qua per caso
BENVENUTO A TE
che cerchi un aiutino a quest'ora della sera
BENVENUTO A TE
studente liceale che, forse, ha trovato un posto dove trovare soccorso e ascolto (forse, ho detto: non esageriamo)
BENVENUTO nel blog di magistra: ogni commento/suggerimento è ben accetto!
versione I A n. 242
19 giugno, 2008
VERSIONE MATURITA' 2008
Che vuoi?? Che sei venuto a fare qui??? Non ti bastano le traduzioni che girano in rete?
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/dossier/Italia/2008/maturita2008/giorno-per-giorno/traduzioni-libere-greco.shtml?uuid=b73e9af2-3ddd-11dd-862f-00000e251029&DocRulesView=Libero
http://maturita.studenti.it/forum/maturita/message.php?mess=12712&inth=0
http://milano.blogosfere.it/2008/06/versione-di-greco-per-la-maturita-esce-luciano-ecco-la-versione-e-la-traduzione.html
…o forse sei tanto sveglio da aver capito che il 90% delle versioni è frutto di copia-incolla selvaggio?? La prova: la punteggiatura che seguono è diversa rispetto a quella proposta dal testo ministeriale.
Ecco, quindi, la versione di magistra, rigorosamente home-made: come la torta di mele della nonna…
Così dunque deve essere, a parer mio, lo storico. Sia scevro da timori, imparziale, libero, amante della parola sincera e della libertà, deciso, come dice il comico, a chiamare “fichi” i fichi e “tinozza” la tinozza, senza concedere nulla all’avversione né al trasporto personali, senza risparmiare nessuno o avere pietà o mostrare reticenze o miopia, giudice equo, ben disposto verso tutti ma solo fino al punto da non attribuire all’uno o all’altro più del dovuto, straniero, nei suoi libri, senza patria, indipendente, senza un sovrano, uno che non calcola che cosa potrà sembrare a questo, ma che dice ciò che è realmente avvenuto.
ho variato lievemente la traduzione dei participi, ma se avete tradotto più letteralmente va benissimo lo stesso;
se scaphe sia tinozza o barca poco importa, in questo caso (il luogo è aristofaneo);
nemo è usato con meros sottinteso (in forma diversa lo riportano sia Rocci che Montanari: vuol dire “dare spazio a…”);
il misterioso tode secondo me si riferisce al basileus implicito in abasileutos. Molti traducono a senso, e invece interpretando così il testo ci guadagna in chiarezza.
Dunque Tucidide in modo davvero egregio stabilì questa regola e distinse, nella storiografia, la correttezza (metodologica) dalla inettitudine, osservando che Erodoto era tenuto nella massima considerazione, fino al punto che i suoi libri furono chiamati con il nome delle Muse. Dice infatti di comporre un’opera per sempre più che destinata ad essere oggetto di declamazione, e di non amare il favoloso, ma di voler lasciare ai posteri la verità dei fatti accaduti. E introduce l’idea di utile e quello che una persona assennata potrebbe supporre essere lo scopo della storia, che, cioè, se si ripresentassero di nuovo fatti analoghi, (gli uomini) potrebbero, volgendo lo sguardo a ciò che è stato scritto in passato, mettere a frutto la situazione presente.
Indubbiamente la seconda parte del testo presenta più numerosi e difficili questioni interpretative:
naturalmente oron regge il part. compl. thaumazomenon;
le Muse sono, in realtà, i nomi con i quali vennero indicati i libri di Erodoto. Luciano attribuisce a Tucidide una conoscenza che non poteva avere: l’opera di Erodoto (e dello stesso Tucidide) fu divisa in libri solo in età ellenistica;
ho dato ad agonisma la stessa valenza che ha in Tuc.: la citazione è (quasi) letterale;
manca il to davanti a mythodes;
i complementi oggetto di epagei sono sia chresimon che tutta la relativa, la quale (o, per meglio dire, il termine telos), è prolettica dell’os della penultima riga;
nella relativa telos è pred. dell’oggetto, dipendente da un potenziale del presente;
os regge echoien: siamo in presenza di un periodo ipotetico della possibilità dipendente. Catalaboi ha omoia come sogg. I vocabolari danno a questo verbo anche un valore impersonale, ma qui il soggetto c’è;
echoien regge l’inf. chresthai che a sua volta è completato da tois. Qui sorge un altro problema: o è retto da chresthai (sfruttare adeguatamente la situazione presente) o è dativo finale (e allora il compl. di chresthai deve essere sottinteso): “applicare (la lezione della storia, servirsene) ai fini della situazione presente”.
