05 dicembre, 2008

ARIONE E IL DELFINO


Dicono che questo Arione, che trascorreva la maggior parte del su tempo alla corte (presso) Periandro, ebbe il desiderio di navigare alla volta dell’Italia e della Sicilia, e dopo aver guadagnato molte ricchezze, volle far ritorno a Corinto (dove risiedeva Periandro). Salpò allora da Taranto, e, dato che non si fidava di nessuno più che dei corinzi, prese a nolo una nave con equipaggio corinzio (di uomini corinzi). Ma questi, una volta in mare aperto, progettarono, dopo aver buttato Arione fuori (dalla nave) di impossessarsi delle sue ricchezze; ed egli, avendo compreso ciò, li pregava, offrendo a loro le ricchezze, e chiedendo per sé (di aver salva) la vita. Dunque, non riusciva a persuaderli, ma anzi i marinai gli ingiungevano o di uccidersi da solo, affinché potesse ottenere la sepoltura in terra ferma, o di buttarsi in mare al più presto. Allora Arione, messo alle strette, li pregò che, dal momento che a loro sembrava così (cioè, dal momento che avevano deciso così), gli concedessero di cantare con tutto il suo costume di scena stando in piedi fra i banchi dei rematori; e dopo aver cantato, promise che si sarebbe ucciso. E in quelli si insinuò il piacere che (ei) stavano per ascoltare il cantore migliore fra gli uomini, si allontanarono dalla prua verso il centro della nave.