22 ottobre, 2008
versione I A n. 242
Come per natura stimiamo che gli dei esistano e ci rendiamo conto grazie alla ragione di quali essi siano, così pensiamo, sulla base dell’opinione concorde di tutti i popoli, che le anime sopravvivano, (ma) bisogna imparare con la ragione in quale sede dimorino e quale sia la loro natura. Infatti, dal momento che i corpi cadevano in terra ed essendo questi ricoperti dal terreno (abl. ass. con valore causale/strumentale), da cui è derivato il verbo humari, pensavano che sotto terra trascorresse la restante vita dei morti; fecero seguito a questa loro opinione gravi errori, che (attenzione: il pronome relativo si riferisce a errores) i poeti accrebbero. Infatti la grande massa di spettatori del teatro, nel quale si trovano anche donne di umile condizione e bambini, si commuove ascoltando un testo così solenne: “sono qui presente e vengo ora dall’Acheronte per una via e aspra per antri costituiti da massi impervi a strapiombo, altissimi, dove incombe gelida l’impenetrabile oscurità degli inferi (inferum è gen. plur.)” e l’errore ebbe una forza così grande che, pur sapendo che i corpi erano stati cremati, immaginavano tuttavia che ci fossero negli inferi quelle cose che senza i corpi non possono esserci né essere comprese. Infatti non potevano concepire con la mente anime viventi in sé e per sé, e quindi avevano bisogno di una qualche forma e figura.