30 novembre, 2007

Sono qui!!!
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i miei specializzandi vi salutano (una di loro avrà Maria Came come tutor!!!).
Dopoché, feritosi da solo, Pisistrato giunse nell’agorà portato da un carro, e rimproverava il popolo per il fatto di essere stato oggetto di insidie da parte dei nemici, e ne aveva molti che erano arrabbiati e gridavano, Solone, andatogli vicino, e stando in piedi accanto a lui, disse: “Non bene, o figlio di Ippocrate, reciti la parte dell’Odisseo in Omero: infatti fai la stessa cosa prendendo in giro i tuoi concittadini, con gli (stessi) trucchi con cui lui ingannò i nemici, e cioè ferendosi da solo”. In conseguenza di questo, la massa era pronta a combattere per Pisistrato, e il popolo siradunò in assemblea. Avendo Aristone proposto che a Pisistrato venissero dati cinquanta mazzieri come guardia del corpo, Solone, levatosi in piedi, si oppose, e raccontò molte cose simili a queste che scrisse nelle sue elegie (attr. del rel.) : “guardate alla lingua e alle parole di un uomo ingannevole, ognuno di voi segue le tracce della volpe, ma a voi presi insieme vacua è la mente”.
Vedendo che i poveri erano pronti a compiacere Pisistrato ed erano in tumulto, mentre i ricchi si allontanavano e si comportavano da vigliacchi,se ne andò dicendo che era più saggio degli uni, e più coraggioso degli altri: più saggio di coloreo che non comprendevano quello che stava accadendo, più coraggioso di coloro che capiano sì, ma avevano paura di contrapporsi alla tirannide

27 novembre, 2007

IL SUICIDIO

Ma se il corpo è inutile (proprio: non riesce a svolgere) alle sue funzioni, perché non dovrebbe essere doveroso tirar fuori l’anima che soffre? (Fa pensare al soma sema di Platonica memoria…). E forse bisognerebbe farlo un po’ prima che si renda strettamente necessario, per evitare che, nel momento in cui dovrà accadere, non si sia in grado di farlo: è poiché è più grande il pericolo di vivere male che di morire in tempi rapidi (come dice nel testo qua sotto: a morire ci vuol poco…), è stupido chi non riscatta il rischio di una grossa sofferenza pagando un piccolo prezzo. Pochi una vecchiaia lunghissima ha portato fino alla morte senza danni, su molti si è stesa una vita inattiva priva della possibilità di servirsi di sé. Non ascoltarmi malvolentieri, come se questo discorso ormai riguardasse anche te, e pesa che cosa ti dico: non lascerò la vecchiaia, se mi riserverà tutto a me stesso, tutto intero per lo meno dalla parte migliore di me (che è l’anima); ma se comincerà a dare colpi alla mia mente, a strapparne via dei pezzi, se mi lascerà non la vita, ma il respiro, balzerò giù da questo edificio fatiscente e in rovina. Non fuggirò con la morte davanti a una malattia, purché guaribile e tale da non danneggiare lo spirito. Non rivolgerò le mani contro me stesso a causa del dolore: morire così equivale a essere sconfitti. Tuttavia, se avrò consapevolezza che lo devo sopportare per sempre (ricordate? Patior non è tolero…), me ne andrò, non a causa del dolore in sé, ma perché mi sarà di ostacolo a tutto ciò per ci si vive. Debole e vigliacco è colui che muore a causa del dolore, sciocco chi vive per soffrire.

Seneca

Lo spirito non si nasconde nel profondo, né bisogna in qualche modo scovarlo col ferro; non c’è bisogno di scrutare le viscere in profondità incidendo le carni (inferta una ferita); la morte è in superficie. Non ho previsto un posto preciso per questi colpi (mortali); si può passare (la strada è aperta) da qualunque parte. quella stessa azione che è chiamata “morire”, in base alla quale il principio vitale si separa dal corpo, è più breve dei quanto si possa percepire una velocità così grande. Sia che un ostacolo abbia bloccato la gola, sia che un sorso d’acqua abbia chiuso il respiro, sia che la durezza del terreno abbia offeso uomini caduti di testa (a testa in giù), sia che una vampata di calore abbia interrotto il corso del nostro respiro: qualunque sia la causa, (la fine) è dietro l’angolo. Perché mai arrossite? (Perché) temete a lungo (sprecate tempo a temere) quello che avviene così velocemente?

17 novembre, 2007

COMPITO DI LATINO:TRADUZIONE

I PARTE:
“Perché agli uomini valenti toccano molte avversità?”. All’uomo saggio non può accadere nulla di male: cose contrarie tra loro non si mescolano. Allo stesso modo in cui tanti fiumi, tanta quantità di pioggia (imbrium è genitivo partitivo retto da tantum) che scende dall’alto, la forza prorompente delle acque termali non modificano il sapore del mare, e nemmeno lo addolciscono, così l’assalto delle avversità non muta il carattere dell’uomo forte: rimane stabile nella sua condizione, e anzi dipinge con i suoi colori qualunque cosa gli accada; è infatti più forte di tutti gli avvenimenti esterni. Né intendo questo, che non si accorga delle sventure, ma le sconfigge, e, in generale, si erge tranquillo e sereno contro di esse. Considera le avversità un allenamento. D’altra parte chi, purché uomo e teso all’onestà, non è affamato di fatica giusta e pronto a compiere il suo dovere anche se comporta un pericolo? Per quale uomo laborioso l’ozio non è una punizione?
RIASSUNTO:
Vediamo che gli atleti (ma Seneca si riferisce, probabilmente, alle scuole gladiatorie),
a cui sta a cuore la propria forza fisica, combattono contro i più forti, e pretendono da coloro per mezzo dei quali si allenano al combattimento, che si battano con tutte le loro forze; tollerano di essere battuti e malmenati, e se non trovano compagni (di allenamento) che singolarmente siano alla pari con loro, si scagliano contro più avversari contemporaneamente.
II PARTE:
La virtù, senza un avversario, va a male: proprio allora appare con evidenza quanto grande sia e quanto forte, quando la sopportazione (nel senso pugilistico della capacità di incassare i colpi) mostra di che cosa è capace. Per quanto tu sappia che gli uomini saggi devono comportarsi nella stessa maniera, non temano le prove aspre e difficili, non si lamentino del loro destino, i saggi pensino a qualunque cosa loro accada, e la volgano in bene.

COMPITO DI GRECO: TRADUZIONE

Dunque, di quali poteri parlo, e da dove affermo che dapprima si sviluppino le forme di governo? Quando, o a causa di eventi catastrofici, o di pestilenze, o di carestie, o per altre ragioni di tal genere, si verifica una decimazione del genere umano, del tipo di quelle di cui abbiamo appreso che già sono avvenute in passato, e che la ragione porta a credere che di nuovo accadranno di frequente, allora, nel momento in cui contemporaneamente vengono meno tutti i mezzi atti alla sopravvivenza e gli strumenti della tecnologia, quando, dai semi, per così dire, che sono sopravvissuti, di nuovo si sviluppa, con l’andar del tempo, la stirpe degli uomini, allora, come avviene tra gli altri animali, anche tra questi, quando ricominciano a radunarsi, -com’è naturale, anche questi (i.e., gli uomini), si raggruppano con i compagni della stessa specie, a causa della connaturata debolezza della loro natura- è inevitabile che quello che spicca sugli altri per forza fisica e coraggio, questo prenda la guida (del gruppo) ed eserciti il comando, così come è necessario credere che sia assolutamente spontaneo questo comportamento che si osserva nelle altra specie animali che non sono guidate dall’opinione, presso le quali vediamo, in modo incontestabile, che sono i più forti fisicamente a detenere il potere: intendo dire tori, capre, galli, e altre bestie simili a queste.