27 novembre, 2007
IL SUICIDIO
Ma se il corpo è inutile (proprio: non riesce a svolgere) alle sue funzioni, perché non dovrebbe essere doveroso tirar fuori l’anima che soffre? (Fa pensare al soma sema di Platonica memoria…). E forse bisognerebbe farlo un po’ prima che si renda strettamente necessario, per evitare che, nel momento in cui dovrà accadere, non si sia in grado di farlo: è poiché è più grande il pericolo di vivere male che di morire in tempi rapidi (come dice nel testo qua sotto: a morire ci vuol poco…), è stupido chi non riscatta il rischio di una grossa sofferenza pagando un piccolo prezzo. Pochi una vecchiaia lunghissima ha portato fino alla morte senza danni, su molti si è stesa una vita inattiva priva della possibilità di servirsi di sé. Non ascoltarmi malvolentieri, come se questo discorso ormai riguardasse anche te, e pesa che cosa ti dico: non lascerò la vecchiaia, se mi riserverà tutto a me stesso, tutto intero per lo meno dalla parte migliore di me (che è l’anima); ma se comincerà a dare colpi alla mia mente, a strapparne via dei pezzi, se mi lascerà non la vita, ma il respiro, balzerò giù da questo edificio fatiscente e in rovina. Non fuggirò con la morte davanti a una malattia, purché guaribile e tale da non danneggiare lo spirito. Non rivolgerò le mani contro me stesso a causa del dolore: morire così equivale a essere sconfitti. Tuttavia, se avrò consapevolezza che lo devo sopportare per sempre (ricordate? Patior non è tolero…), me ne andrò, non a causa del dolore in sé, ma perché mi sarà di ostacolo a tutto ciò per ci si vive. Debole e vigliacco è colui che muore a causa del dolore, sciocco chi vive per soffrire.