23 novembre, 2008
COMPITO DI LATINO DEL 22 NOVEMBRE
Circa nello stesso periodo, anche se l’estate era ormai quasi trascorsa, tuttavia, poiché, pacificata tutta la Gallia, non rimanevano che Morini e Menapii ad essere in guerra e a non aver inviato legati per trattare la pace, ritenendo che questa guerra potesse essere conclusa in breve tempo, portò là l’esercito; ma questi cominciarono a condurre la guerra con un criterio di gran lunga diverso rispetto agli altri Galli. Infatti, poiché si rendevano conto che le popolazioni più importanti che si erano scontrate (con i Romani) erano state respinte e sconfitte, e occupavano estese foreste e paludi, lì si portarono con tutti i loro beni. Cesare, arrivato al limitare di queste foreste e avendo iniziato a fortificare l’accampamento e non essendosi il nemico fatto vedere, mentre i nostri (soldati) erano sparsi qua e là intenti al loro lavoro, (i Galli) improvvisamente sbucarono (rapidissimi) da ogni parte del bosco e attaccarono i nostri. I nostri presero immediatamente le armi e li ricacciarono nei boschi e, uccisine molti, dopo averli inseguiti per un tratto piuttosto lungo in luoghi alquanto scoscesi, persero pochi dei loro (cioè, dei nostri…insomma, vinsero subendo poche perdite)
08 novembre, 2008
COMPITO GRECO 8 NOVEMBRE
Addolorò Alessandro la profanazione nei confronti della tomba di Ciro figlio di Cambise, poiché la trovò danneggiata e depredata. Dice Aristobulo che a Pasargade, nel giardino reale, c’era il sepolcro di quel famoso Ciro, e intorno ad esso era stato piantato un bosco di alberi di ogni tipo, ed era percorso da rivoli d’acqua e folta erba era cresciuta nel prato; e che la tomba vera e propria era stata fatta di pietra squadrata in forma quadrangolare; in alto c’era una stanza di pietra coperta, che aveva una stretta porta che conduceva all’interno. Nella stanza c’era un sarcofago d’oro dove il cadavere di Ciro era stato seppellito e accanto al sarcofago, un letto. All’interno del recinto, accanto alla scala che portava al sepolcro, c’era un piccolo locale costruito per i Magi che proteggevano la tomba di Ciro. Il sepolcro era stato coperto di iscrizioni in caratteri persiani e in lingua persiana diceva queste cose: “O uomo, io sono Ciro figlio di Cambise, che fondò per i Persiani l’impero e che regnò sull’Asia. Non guardare con occhio malevolo al mio monumento”
07 novembre, 2008
VERSIONE 144
Gli uomini vogliono la libertà senza sapere cosa sia
Gli uomini desiderano di essere liberi più di ogni altra cosa (πάντων è evidentemente neutro), e sostengono che la libertà sia il più grande dei beni, e che, al contrario, la schiavitù sia cosa in massimo grado disonorevole e colma di sventura, mentre proprio questo, che cosa significhi (ἑστὶ) essere liberi o che cosa significhi l’essere schiavi, (questo) non lo sanno. E quindi non fanno nulla, per così dire, per fuggire lontano da ciò che è vergognoso e duro da sopportare, cioè la schiavitù, e di conquistare ciò che appare loro degno in massimo grado di pregio, la libertà, ma, al contrario, fanno cose in conseguenza delle quali è inevitabile che quelli che si comportano così passino la vita in condizione di schiavitù per tutto il tempo e non ottengano mai la libertà. Per altro, non è giusto forse meravigliarsi di questi, per il fatto che non riescono né a conquistare (αἰρέω) né a salvaguardare ciò che si trovano ad ignorare. Se dunque fossero nella condizione di ignorare (periodo ipotetico di quarto tipo, cioè dell’irrealtà) pecora e lupo, che cosa sia ciascuna di queste due cose (duale), e tuttavia ritenessero l’una vantaggiosa e utile da acquisire, l’altra dannosa e inutile, non ci sarebbe da meravigliarsi se temessero la pecora e la fuggissero talora come se fosse un lupo, e però si accostassero al lupo e lo fronteggiassero, ritenendolo una pecora
Gli uomini desiderano di essere liberi più di ogni altra cosa (πάντων è evidentemente neutro), e sostengono che la libertà sia il più grande dei beni, e che, al contrario, la schiavitù sia cosa in massimo grado disonorevole e colma di sventura, mentre proprio questo, che cosa significhi (ἑστὶ) essere liberi o che cosa significhi l’essere schiavi, (questo) non lo sanno. E quindi non fanno nulla, per così dire, per fuggire lontano da ciò che è vergognoso e duro da sopportare, cioè la schiavitù, e di conquistare ciò che appare loro degno in massimo grado di pregio, la libertà, ma, al contrario, fanno cose in conseguenza delle quali è inevitabile che quelli che si comportano così passino la vita in condizione di schiavitù per tutto il tempo e non ottengano mai la libertà. Per altro, non è giusto forse meravigliarsi di questi, per il fatto che non riescono né a conquistare (αἰρέω) né a salvaguardare ciò che si trovano ad ignorare. Se dunque fossero nella condizione di ignorare (periodo ipotetico di quarto tipo, cioè dell’irrealtà) pecora e lupo, che cosa sia ciascuna di queste due cose (duale), e tuttavia ritenessero l’una vantaggiosa e utile da acquisire, l’altra dannosa e inutile, non ci sarebbe da meravigliarsi se temessero la pecora e la fuggissero talora come se fosse un lupo, e però si accostassero al lupo e lo fronteggiassero, ritenendolo una pecora
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