20 febbraio, 2008

VERSIONE DA TACITO, HISTORIAE

Versione n. 392

Vitellio, una volta conquistata la città (da parte dei soldati di Vespasiano), si porta nell’appartamento della moglie passando per la parte posteriore del palazzo, con lo scopo, se fosse riuscito ad evitare la luce del giorno rimanendo nascosto, di rifugiarsi a Terracina, presso le sue coorti e il fratello. Poi, a causa dell’indecisione del suo carattere, ritorna verso il palazzo, abbandonato e deserto, dileguatisi ormai anche i più umili degli schiavi, o, schivando alcuni il suo arrivo (cioè, lo vedono e svicolano). Gli incutono terrore il deserto e il silenzio del luogo (ma quel tacentes, “taciti”, non è proprio possibile renderlo…); forza porte chiuse, rabbrividisce di fronte a stanze vuote (qui siamo in un film dell’orrore; Shining?); e, stanco di quel vagare inutile e mentre tentava ancora di nascondersi, viene trascinato alla luce (che in Tacito non c’è: ma ci sta bene) dal tribuno della coorte Giulio Placido. Le mani furono legate dietro la schiena: con la veste strappata, osceno spettacolo, veniva condotto (imperfetto: la processione dura un bel po’…) in mezzo all’applauso di molti, e nessuno versava una lacrima. Non fu chiaro se un soldato germanico, andandogli incontro, aggredì con un colpo ostile Vitellio oppure un tribuno: amputò un’orecchia del tribuno e subito fu trafitto. Vitellio, costretto da minacciosi pugnali ora a sollevare il volto e ad offrirlo alle umiliazioni, ora a contemplare le sue statue che venivano abbattute (part. pres.: come in un film, vedi le statue mentre crollano al suolo. Magari al rallentatore), alla fine fu trascinato fino alle scale gemonie. Si udì (da parte sua) una sola parola che non fosse segno di un animo degenere, quando ad un tribuno che lo insultava rispose che comunque era stato anche il suo comandante (no imperatore!!!); e poi stramazzò, vittima delle ferite infertegli.

Io mi diverto da morire con Tacito. Voi no??

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