UNA TEMPESTA
Raccontano che un tempo una nave, sulla quale navigavano alcuni uomini empi, fu colta da una furiosa tempesta. Avendo cominciato all’improvviso e in modo straordinario a tuonare e a lampeggiare, e poiché si levavano onde di straordinaria altezza (abl. di qualità), e la nave stava ormai quasi affondando, a tutti sembrava di essere in procinto di morire; la morte era di certo imminente. Allora molti si pentirono di aver intrapreso quel viaggio per mare: e come di solito accade nelle situazioni disperate, moltissimi rivolgevano preghiere agli dèi; persino gli empi, sollevate le mani al cielo, gridavano: “Aiutateci, o dèi! Ora abbiate compassione di noi!”. Altri invece dicevano: “Agli empi non si addice invocare gli dèi; è meglio piuttosto gettare in mare costoro: infatti gli dèi non avranno compassione di noi, se non li allontaneremo da noi”. Dopo essere restati svegli per tutta la notte, infine, dopoché il giorno era appena spuntato, si aprì uno spiraglio di sereno, e fu lecito ai naviganti sperare nella salvezza.
23 ottobre, 2008
22 ottobre, 2008
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BENVENUTO A TE,
ospite gradito che passi di qua per caso
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che cerchi un aiutino a quest'ora della sera
BENVENUTO A TE
studente liceale che, forse, ha trovato un posto dove trovare soccorso e ascolto (forse, ho detto: non esageriamo)
BENVENUTO nel blog di magistra: ogni commento/suggerimento è ben accetto!
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versione I A n. 242
Come per natura stimiamo che gli dei esistano e ci rendiamo conto grazie alla ragione di quali essi siano, così pensiamo, sulla base dell’opinione concorde di tutti i popoli, che le anime sopravvivano, (ma) bisogna imparare con la ragione in quale sede dimorino e quale sia la loro natura. Infatti, dal momento che i corpi cadevano in terra ed essendo questi ricoperti dal terreno (abl. ass. con valore causale/strumentale), da cui è derivato il verbo humari, pensavano che sotto terra trascorresse la restante vita dei morti; fecero seguito a questa loro opinione gravi errori, che (attenzione: il pronome relativo si riferisce a errores) i poeti accrebbero. Infatti la grande massa di spettatori del teatro, nel quale si trovano anche donne di umile condizione e bambini, si commuove ascoltando un testo così solenne: “sono qui presente e vengo ora dall’Acheronte per una via e aspra per antri costituiti da massi impervi a strapiombo, altissimi, dove incombe gelida l’impenetrabile oscurità degli inferi (inferum è gen. plur.)” e l’errore ebbe una forza così grande che, pur sapendo che i corpi erano stati cremati, immaginavano tuttavia che ci fossero negli inferi quelle cose che senza i corpi non possono esserci né essere comprese. Infatti non potevano concepire con la mente anime viventi in sé e per sé, e quindi avevano bisogno di una qualche forma e figura.
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